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Lettera ai comitati locali e a tutte e tutti coloro a cui piacerebbe capire a che punto si è sulla ZAD

giovedì 5 luglio 2018

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E’ molto difficile seguire da lontano quello che succede e così vorremmo raccontare gli ultimi mesi alla ZAD di Notre-Dame-des-Landes. In questo testo vi spiegheremo ciò che abbiamo capito sull’accaduto. In rapporto alla situazione non ci sono analisi od opinioni in eccesso: cercheremo di presentare una diversità di opinioni rispetto ai disaccordi interni e poi non siamo neppure d’accordo tra chi scrive! Le.gli scriventi sono alcune persone che abitano sulla zona e hanno l’abitudine di organizzarsi insieme nello stesso gruppo politico. Vittoria e paure

L’annuncio - in data 17 gennaio 2018 - dell’abbandono del progetto di aeroporto è stato per una gran parte del movimento la vittoria che ha coronato una lunga battaglia che dà forza e motivazione anche ad altre lotte. Per una volta, una lotta ha vinto contro un progetto dello Stato supportato da grandi imprese. Ma per altre.i, si è aperta una fase apparentemente difficile e inquietante. Contemporaneamente all’abbandono del progetto, il governo annunciava il “ritorno allo Stato di diritto”, evidentemente in contrasto con l’autogestione di noi che qua viviamo e siamo implicate.i. Come comportarsi rispetto a tutto ciò che è stato umanamente e materialmente costruito sulla zona? Molte.i tra di noi erano là specificamente contro l’aeroporto. Come continuare a lottare contro il mondo che l’aeroporto rappresenta, in particolare nel contesto attuale della politica di Macron e del dispiegarsi globale del neoliberismo?

(Trattative) ad alta velocità: D281 e compagnia bella

Il ritmo dettato a tratti dal governo e a tratti seguito da noi è stato molto rapido e spesso non c’è stato abbastanza tempo per discutere insieme prima di prendere decisioni politiche complesse o difficili e si è spesso trattato di scendere a compromessi con i nostri ideali. Una delle decisioni più conflittuali è stato lo sgombero della cosiddetta “strada delle barricate” o D281 su cui la circolazione di veicoli era stata limitata al minimo dal 2013. Dall’indomani dell’abbandono discutiamo di lasciar libera la strada nel corso di lunghissime assemblee. Le opinioni sono assai divergenti: per alcune.i è necessario lasciarla libera per non correre il rischio che gli sbirri ritornino alla prima occasione per sgomberarla, approfittandone per espellere delle occupazioni; per molte.i era necessario lasciarla libera come segno ai vicini e alle vicine che ora che il progetto dell’aeroporto è stato abbandonato i loro spostamenti saranno più facili. Ma per molte.i questo atto rappresenta l’abbandono di uno dei luoghi più forti della ZAD e un vero regalo allo Stato in attesa che questo prepari le espulsioni che erano state chiaramente evocate a partire dal 31 marzo nello stesso annuncio dell’abbandono del progetto di aeroporto. Tra coloro che avrebbero accettato la liberazione della strada alcune.i pensavano che, tuttavia, non fosse un buon momento per farlo, che avremmo dovuto tenerla come leva nelle negoziazioni o per lo meno attendere di avere garanzie rispetto alle espulsioni. In seguito a delle forti pressioni e ad una forte presa di posizione di una parte del movimento, la D281 è stata liberata nel corso di situazioni collettive molto tese, delle capanne situate sulla via sono state smontate o spostate più in là, verso le siepi. La più centrale, “Lama Faché” è stata ricostruita nei due mesi successivi su un campo vicino e ribattezzata “La Massacré” o “Lama Sacré”. Questa fase ha contribuito a far crescere la sfiducia tra noi.

Ciò che è seguito, sono stati lavori su quella strada, lavori che alcune persone hanno tentato di rallentare o di bloccare. I lavori sono poi stati accompagnati da una forte presenza di gendarmi mobili, cosa che non s’era vista nella zona dall’aprile del 2013. Per alcune.i, sono stati i tentativi di resistenza ad attirare la gendarmeria, mentre per altre.i la decisione di mandarla era stata prevista sin dall’inizio, e non si attendeva che un pretesto. Queste settimane di presenza sbirresca sulla zona sono infine trascorse nel silenzio e davvero poche persone fra quelle che ritenevano normale riaprire la strada o che erano scontente.i dei tentativi di blocco si sono mobilitate.

In seguito le paure rispetto allo sgombero della via e ai cantieri sono state confermate: è stata posta in essere la preparazione delle espulsioni, visto che gli sbirri non hanno mai lasciato la zona da quel momento in poi e perciò ne hanno potuto approfittare per fare identificazioni e abituare la gente del luogo alla loro presenza; e la zona durante le espulsioni è stata tagliata in due dalla strada, con conseguente isolamento della parte est.

Una manifestazione sulla ZAD per festeggiare l’abbandono del progetto dell’aeroporto e dare sostegno ad altre lotte, “radicare il futuro”, ha avuto luogo il 10 febbraio. Due cortei hanno riunito qualche decina di migliaia migliaia di persone per poi convergere verso Bellevue, dove cartelli di progetti relativamente ai quali sono in atto varie lotte sono stati bruciati. Ci sono state anche assemblee a Lama Faché e una serata a Bellevue. Negoziazioni

Prima dell’abbandono dell’aeroporto il movimento contro quest’ultimo e in particolare le assemblee delle.dei dirette.i interessate.i (assemblées des usages) avevano deciso di formare una “delegazione inter-componenti” per negoziare con lo Stato sull’avvenire della ZAD senza aeroporto, portando i propri interessi nelle negoziazioni. Dopo difficili dibattiti le assemblee dei.delle occupanti hanno deciso che dei.delle occupanti avrebbero partecipato a questa delegazione. Non ci aspettavamo necessariamente grandi cose ma alcune.i tra noi trovavano importante partecipare a questa delegazione con le altre componenti per continuare insieme, per fare un passo verso di loro; altre.i non volevano lasciare che loro partecipassero senza di noi, altre.i ancora, infine, sono veramente contro la discussione con lo Stato.

Una volta presa la decisione abbiamo discusso su come scegliere la gente che avrebbe partecipato alla delegazione, dopo qualche discussione sulle sfide da affrontare, un gruppo ha proposto un progetto di designazione in cui dei piccoli gruppi misti avrebbero proposto una lista di persone che esse.i avrebbero trovato complementari per rappresentare la nostra diversità e in cui esse.i avrebbero riposto fiducia. Fare una forma di “elezioni” è stato un grosso sforzo per molte.i tra noi e non è stato un momento chiaro. Ma diverse componenti della ZAD hanno partecipato al gioco, due gruppi affini hanno barato proponendo liste tra loro o influenzando la dialettica. Alla fine varie persone, che non avevano avuto veti e che erano bendisposte, sono diventate un gruppo di undici persone che segue la delegazione e designa delegate.i. e supplenti per i differenti incontri. Il risultato è che le persone che ci vanno hanno un mandato collettivo ricevuto dall’assemblea degli interessati e degli occupanti dall’altra ma non tutte.i sono molto convinte.i dall’iniziativa. Costoro non erano candidate.i ma hanno comunque fatto del loro meglio per rispettare il mandato.

Questa scelta di partecipare alla delegazione e di incontrare la prefettura, da una parte, è stata fatta con abbastanza consenso ma alcune.i occupanti vi si sono opposte.i dall’inizio. La linea presa dalle discussioni sulla delegazione e da ciò che ne consegue nelle assemblee degli occupanti e la rapidità con cui avanzano le decisioni hanno contribuito ad accrescere i dubbi sulla pertinenza di questa scelta.

La delegazione inter-componenti ha sin dall’inizio fatto tre grandi rivendicazioni: il rifiuto delle espulsioni, percorsi di regolarizzazione di tutti gli abitati, congelamento dell’assegnazione di terre per dare il tempo al movimento di costruire un’entità che le gestisse a lungo termine e l’amnistia per le persone che hanno subito la repressione durante gli anni di lotte. Le assemblee degli utilizzatori hanno preso posizione supponendo che il movimento potesse ottenere una reale negoziazione con lo Stato. La delegazione è stata ricevuta a due riprese il 28 febbraio e il 20 marzo alla prefettura. Ma, contrariamente a ciò che si chiedeva, non ci sono stati che scambi di opinioni: la prefettura ha fatto muro su tutti i punti (salvo il congelamento catastale) e, in particolare, sulla gestione collettiva.

Conflitti interni

Con l’abbandono del progetto di aeroporto, la ragione più evidente che legava le persone in ciascun gruppo in lotta, così come i diversi gruppi tra di loro, non esiste più. I disaccordi si rivelano e i conflitti interni fioriscono. Per esempio sulla ZAD certe.i sono pronte.i ad accettare la legalizzazione, pur di restare a lungo termine; altre.i accettano di fare certi compromessi che potrebbero essere compatibili con il collettivo, mentre altre.i tengono prima di tutto a rimanere coerenti e a non piegarsi a un sistema che combattiamo, fino a rischiare di farsi degnamente espellere restando pirati.

Nelle associazioni, certe.i vogliono battersi per l’avvenire della ZAD e affinché tutte.i possano restare come s’era immaginato nei “6 punti sull’avvenire della ZAD”, mentre altre.i sognerebbero che ora che non c’è più il progetto dell’aeroporto il tempo si fermasse e tutto ritornasse come prima, con qualche installazione “paesana” in più. Lo stesso avvenire di alcune associazioni, create proprio per lottare contro il progetto dell’aeroporto, è incerto.

Certe.i si rimproverano in privato, ma altre.i si arrabbiano con le.i loro compagne.i di lotte concedendo interviste alla stampa dove mostrano come non ci sia più solidarietà con il resto del movimento o giudicando i.le loro compagni.e su Indymedia.

Tra coloro che vogliono costruire un avvenire comune sulla ZAD, ci sono anche dei conflitti, ad esempio sulla questione del rapporto con le barricate stradali. Il livello di tensione è tale che è difficile avanzare insieme - le assemblee sembrano bloccate e ciascuna attribuisce la colpa all’altra.

Prima ondata di espulsioni

La prima fase di espulsioni del 2018 è cominciata il 9 aprile e, la sera di giovedì 12 aprile la prefettura ha annunciato la fine dell’operazione condotta dai gendarmi. Bilancio: più di duecento persone ferite dalle forze dell’ordine, quasi 60 persone arrestate e circa un terzo della ZAD rasa al suolo.

Il mattino del 9 c’era già sul posto sostegno dall’esterno, soprattutto ai luoghi d’accoglienza di Vieux Forneaux (davanti alle Fosses Noires) di Lama Fâché, de la Wardine e di Bellevue. Quasi tutte le capanne a est della vecchia strada delle barricate (D281) e a sud della strada delle Fosses Noires sono state distrutte nel corso di questa prima settimana. Non c’è stata molta presenza ad est della D281 che è stata presa alle tre del mattino dagli sbirri rendendo il passaggio difficile. Al centro della zona ci sono stati molti confronti e della resistenza fisica.

L’espulsione e la distruzione dei Cent Noms hanno attirato molta attenzione e motivato più persone a pronunciarsi contro le espulsioni o a venire sul posto. Per alcune persone è stato più scioccante vedere i Cent Noms distrutti perché quest’evento era inatteso e perché le.gli. abitanti avevano un progetto di allevamento di capre, per altre.i. è stato doloroso vedere una tale reazione per i Cent Noms soltanto, come se gli altri luoghi di vita e giardini non avessero altrettanta importanza.

Durante questa settimana ci sono state delle manifestazioni e azioni di sostegno dappertutto in Francia e in Belgio, manifestazioni davanti all’ambasciata di Francia, a Lisbona, Tunisi, Vienna e Londra così come azioni in Chiapas, Palestina, India, Quebec, Grecia, Stati Uniti e altrove.

Occupazione militare, repressione e resistenza

L’occupazione militare è cominciata da quando la carreggiata è stata “aperta”, ma dopo la prima onda di espulsioni e la dichiarazione di “tregua” dal prefetto la sera di giovedì 12, si è passati a un altro livello di pressione. Loro hanno continuato a distruggere le capanne, in particolare alla Mandragore, all’Isolette, alla Noue e al Pimki. La loro intenzione sembra essere quella di condurre una guerra psicologica in apparenza meno violenta attraverso un’occupazione quotidiana che mostri la forza dello Stato - una sfilata di blindati, furgoni etc. più l’elicottero e la presenza costante dei droni. Le ragioni fornite sono di “assicurare la libera circolazione sulle strade”, la corretta “rimozione dei detriti” che impiegherà delle settimane o anche proteggere coloro che hanno dei progetti sulla zona. Nel frattempo sorvegliano, continuano ad arrestare e ferire la gente, bloccano gli assi stradali e gli incroci principali così come i sentieri più piccoli, cosa che rende le nostre vite e le nostre operazioni di messa in coltura difficili. Ci sono state innumerevoli scene insensate in cui trattori con rimorchi di letame si ritrovano a fare quattro giravolte perché tutti gli accessi sono bloccati o, ancora, dei gendarmi che tagliano le staccionate dei paesani storici.

Tuttavia ci sono stati atti di resistenza a questa occupazione. Delle barricate di tutto e di niente, delle trincee nella strada, tutti i giorni, dal momento della partenza dei gendarmi. Dei giochi, come la sfida a toccare un blindato a mani nude, o a scattarsi un selfie di fronte. Delle persone sono riuscite a continuare a vivere nella zona a est della D281 per settimane, prima di essere scoperte ed espulse. La battucada che andava a suonare a fianco del dispositivo militare ogni giorno. Ci sono anche stati piccoli gruppi che sono andati a disturbarli nella foresta o sulla strada e regolarmente dei confronti.

Per non abbandonare le persone arrestate o condannate durante le espulsioni e, in seguito isolate ci sono state più visite all’impianto di detenzione di Carquefou. In particolare una chiamata diffusa a livello del movimento. Anche se non c’era molta varietà a livello di componenti e neppure dei gruppi della ZAD, c’erano un centinaio di persone per creare l’atmosfera con scambi di messaggi, musica, un concerto rap improvvisato e fuochi d’artificio. Non ci sono stati arresti né feriti ed è stato un momento gioioso e motivante.

Certificati

I famosi “certificati” di cui tutti parlano sono dichiarazioni d’intenti di progetti agricoli che permetterebbero di ottenere delle Convenzioni d’Occupazione Precaria (COP). Trattasi di contratti gratuiti che danno ben pochi diritti e che lo Stato può ritirare da un giorno all’altro. Non c’è stata alcuna garanzia da parte dello Stato che le dichiarazioni d’intenti portassero a una COP. Poco prima della prima fase di espulsioni, l’assemblea “degli interessati” (des usages, ndr) ha inviato una domanda di convenzione di occupazione precaria (COP) che avrebbe coperto tutte le terre e abitati della ZAD in nome della “Association pour un avenir comune dans le bocage” creata per portare avanti le decisioni dell’assemblea. Dopo la prima onda di espulsioni, la delegazione ha avuto un incontro il 18 Aprile in cui il prefetto ha rifiutato tutte le convenzioni collettive.

L’indomani l’AG (Assembléee Generale) dei e delle occupanti ha deciso di compilare i certificati cercando di coprire tutta la ZAD. La condizione per farlo era firmare tutte.i insieme o nessuna.o, che tutti i progetti fossero legati tra di loro e che ciò avvenisse in parallelo alle resistenze sul territorio e alle mobilitazioni. I certificati includono dei progetti “agricoli, culturali, artigianali” comprendendovi anche gli abitati, tuttavia soltanto i progetti agricoli sono stati discussi.

La preparazione dei certificati è stata fatta d’urgenza, e le persone che non erano presenti all’assemblea sono state chiamate individualmente dando loro un breve termine per decidere. Poco meno di una decina di luoghi o di collettivi hanno scelto di non depositare i certificati, per ragioni che esse.i spiegano nel testo “senza certificati”.

Infine, le procedure amministrative hanno preso un bel po’ di tempo e di energie, e nel frattempo non si è riuscite.i a ben organizzarsi collettivamente per delle azioni.

Azioni sul campo

Alla fine della prima settimana di espulsioni, domenica 15 aprile, abbiamo organizzato una manifestazione di rioccupazione. C’erano da 5mila a 10mila persone, che sono riuscite a passare o evitare i controlli degli sbirri per venire. L’idea era di ricostruire a Gourbi, ma sembrava impossibile perfino arrivarci a causa della ingombrante presenza poliziesca: gente è stata arrestata e ferita intorno alla foresta di Rohanne. Nel pomeriggio c’è stato un movimento più organizzato per passare con una parte della struttura dell’edificio attraverso i campi. Non si è arrivat* fino a Gourbi, ma spingere insieme dava una sensazione di successo e una forza collettiva non trascurabile. La sera, molte persone hanno portato la struttura a piedi fino a Gourbi. E’ stato un momento incredibile, sebbene temessimo che sarebbe stata distrutta l’indomani.

Alcune persone restano assai deluse da questa giornata di spettacolare rioccupazione. Ci sono state molte altre iniziative di ricostruzione: alla Chèvrerie per esempio, della gente ha ricostruito e cercato di difendere la posizione. Hanno anche scritto un testo riguardo ciò, “Les cornes de la Chèvre”, online su zad.nadir.

Ci sono stati altri momenti per riprendere insieme lo spazio, come le due domeniche di gioco di ruolo a grandezza naturale, “Passe à l’Est” e “Cuill’Est”. Passe à l’Est è stata una giornata di sfide e di scoperte per ritornare all’est e rioccupare lo spazio sebbene la gendarmeria mobile fosse presente lungo tutta la carreggiata stradale e nei pressi. Cuill’Est, qualche settimana più tardi, aveva l’obiettivo di sensibilizzare delle persone a questa parte della zona a difendersi, facendo raccolte di piante medicinali e commestibili per gli stock collettivi della ZAD.

Le giornate “repotager”, tutte le domeniche, ricreano alcuni dei giardini distrutti intorno all’antica “route des chicanes” e ad est, per continuare a far vivere questi luoghi e non abbandonare questa parte della ZAD, anche se le capanne vengono distrutte. Al momento ci sono state delle messe in coltura alle Planchettes, alle Planchouettes e al Sabot, anche con un quadrante a forma di dito medio, dedica speciale all’elicottero che volava basso sulle teste dei e delle giardiniere.i. Seconda onda d’espulsione

Dopo la prima ondata di espulsioni il governo ha fissato un ultimatum da parte del suo “comitato di pilotaggio” al 14 maggio per coloro che non si sono “integrati” nel quadro proposto dallo Stato. Il 17 maggio, alle prime luci dell’alba, centinaia di gendarmi oltrepassano le barricate a piedi e cingono d’assedio la foresta di Rohanne. Sgomberano e distruggono quattro luoghi di vita prossimi alla foresta: la Châteigne, Puiplu, la Vosgerie e la Datcha. L’indomani attaccano simultaneamente il Domaine, il Phoenix nel centro della foresta, Ker Terre e e la Gare all’est, la Freuzière e la Tarte nel Grande West. La Pré Failly, palesemente dimenticata sulle carte degli obiettivi della giornata che il generale che comanda l’operazione comunica ogni mattina, è verosimilmente incendiata dai gendarmi che avevano chiuso i dintorni. Tra un chiaro attacco condotto da duemila gendarmi che circondano assai rapidamente i loro bersagli e una debole mobilitazione da parte nostra, il bilancio di questi due giorni di operazioni poliziesche è amaro: tutti i luoghi che non sono stati coperti dai certificati di “dichiarazione d’intenti dei progetti” sono espulsi. Le case in muratura, murate dai gendarmi, sono smurate dalla folla, poi ri-espulsa. E i gendarmi hanno pure promesso di tornare a distruggerle, pretendendo che sia il nostro rioccupare a obbligarli a farlo!

La domenica seguente, varie centinaia di persone sono venute sulla ZAD per diversi cantieri, della recupera di mattoni per le ricostruzioni sui luoghi distrutti alla semina di grano saraceno passando per l’installazione di cupole leggere al Gourbi e tutte le altre attività che hanno luogo spontaneamente.

E ora?

Non sappiamo ben dire a che punto stiamo. Siamo sfiniti dopo settimane di conflitti, di espulsioni e di presenza poliziesca. Ma c’è un bel po’ di gente che abitava già sulla ZAD o che, venuta questa primavera, è determinata a restare, a continuare a lottare, a costruire qualcosa qui! C’è ancora voglia di difendere un senso comune che tenga in tutto ciò.

Per molte.i tra noi, si vuole continuare a difendere una zona dove ci sia spazio per una diversità di posizioni sociali, di situazioni e d’opinioni, un luogo collegato ad altre lotte. Negli ultimi tempi, si ha spesso l’impressione di dover scegliere tra la peste e il colera, ma abbiamo ancora cose da tentare, con tutte e tutti coloro che ne hanno voglia.

Qualche occupante della ZAD

fine Maggio 2018

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