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Notre Dame des Landes, nell’urgenza della stampa e sotto pressione con la stampa.

venerdì 7 dicembre 2012

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In questi ultimi tempi, attraverso la specchio deformante dei media e le informazioni che circolano, sembrerebbe che la questionedei giornalisti provochi numerosi dibattiti, adirittura conflitti, con azioni dirette tra opponenti (sic) d’estirpazione di cartelli ecc.

Ed è perfino diventato un tema a pieno titolo nei media. La stessa medesima notizia sembra ripresadi continuo, senza tregua. E ciò non è per niente sorprendente.

I giornalisti hanno quindi un articolo fin già pronto, possono parlare di se stessi, e persino intervistarsi reciprocamente.

Per di più, ciò permette di continuare ad infondere questa vecchia strategia della divisione, parlando di buon opponenti (quelli « storici » per non parere troppo binari), e i « nouvi-E arrivati-E totalmente settari e che non hanno niente a che vedere con la lotta ».

Grosso modo, come al solito, una minoranza di stranieri ultra-violenti/professionisti (probabilmente dei volontari, contrariamente ai politici di professione ammesso che si sappia di chi sia fatta menzione), descritti come responsabili di tutto perchè non osservono i desiderata dei giornalisti.

E tanto meglio se per di più, facciamo tabula rasa della storia delle relazioni tra queste lotte e i media. Effettuando qualche ricerca, si trovano echi di queste relazioni, come questo esempio rivelatore durante il Campo Clima (https://nantes.indymedia.org/articl... <https://nantes.indymedia.org/articl...> ). No, questo rapporto con i giornalisti non è nuovo in questa lotta, e non è il risultato d’un lobby come vorrebbero farlo credere le caricature della stampa.

È tanto di guadagnato, e questo permette loro di non parlare del contenuto di questa lotta. Gli permette insomma, di parlare di quello che piace a loro, come piace a loro. Persino, come France 3 Pays de la Loire, di pretendere che non ci sono discussioni di fondo in seno alla lotta…

Avremo letto di tutto o quasi. Ma in tutti i casi potremmo interrogarci sull’insieme della linea editoriale di questo locale medium di massa, come degli altri ( Presse Océan è tuttora un valido caso classico) . E questo tanto più se ci si consacra un po’ di pazienza per farlo su un tempo più lungo che non semplicemente quello delle espulsioni.

È sempre stato un dibattito ricorrente, ad un certo punto, nei movimenti sociali, ed è spesso benefico vedere come hanno agito quelli precedenti confrontati a questo problema. Cercare di trarre delle conclusioni dai loro errori e successi, per acquisire una migliore conoscenza sul modo di affrontarlo.

Esistono molti testi sul net, fascicoli, siti che permettono di documentarsi.

Questo succinto testo di Serge Halimi è una buona base di una critica del rapporto tra giornalisti e movimenti sociali, e di ciò che è in gioco in una lotta:

Le lotte anticapitaliste di fronte ai media, Contestazione dei media o contestazione per i media ?: https://infokiosques.net/lire.php?i... <https://infokiosques.net/lire.php?i...>

Anche questo altro fascicolo più specifico presenta un buon punto di vista sulle tecniche giornalistiche : : /Techninues de désinformation, Manuel pour une lecture critique de la presse/ <http://infokiosques.net/lire.php?id...>

Il sito acrimed acrimed rigurgita di testi sulla questione. Acquisire familiarità con le idée di Chomsky o Bourdieu permette di chiarire molte cose.

È una questione importante per una lotta e deve essere posta in modo chiaro. Sopratutto in questi tempi, allorché il potere tenta di temporeggiare. Tanto più quando ci si rende conto di come i media abbiano taciuto questa occupazione sin dal principio ed anche dopo, all’inizio delle espulsioni. Il fatto che le informazioni circolassero al di fuori della stampa ha contribuito a costringerli a parlarne. È un asso nella manica da non dimenticare per il proseguimento.

Affrontare il rischio di voler puntare la comunicazione sulla stampa non può esser fatto senza conoscerne le conseguenze : la scelta dei leader da parte di quest’ultima, l’obbligo di dipendere dai giornalisti e di sottostare alle loro molteplici esigenze (le quali non sono mai senza conseguenze per una lotta), sottomettersi al mito dell’opinione pubblica, l’insediamento di divisioni nel movimento. Farlo senza essere preparati, è prestare il fianco a ogni sorta di fragilità, le quali possono rivelarsi fatali congiunte ad altre.

Sarebbe senza dubbio benefico per questo movimento che sia aperto completamente il dibattito. Far circolare dei testi sarebbe certamente un primo passo.